Cari amici, questa è la stroncatura del libro vincitore del Premio Bancarella 2013, pubblicata il 3 agosto dall’Unità. Buona lettura, e se ritenete sia il caso diffondete.
Quale significato dobbiamo dare ai premi letterari nell’Italia di oggi? L’interrogativo è attuale più che mai dopo l’assegnazione del Premio Bancarella a “Ti prego lasciati odiare” di Anna Premoli. Un articolo editoriale etichettato come narrativa e pubblicato dalla Newton Compton nella sua ormai consolidata linea di produzione rosa sciocching. Già la confezione è un preannuncio di cosa attende il lettore: un titolo da rivistina d’epoca pre-femminista, una foto con faccina femminile manierata da catalogo della Vestro, e la solita fascetta acchiappa-lettori che ha fatto della casa editrice romana la regina assoluta dell’Era Fascettista. In questo caso, la formula fasciante è particolarmente allusiva: “Se è un caso letterario ci sarà un perché”. E a dire il vero, il perché lo abbiamo trovato. Ma temiamo che sia diverso da quello indicato dall’autrice e dal suo editore fascettista. Questo libro è davvero un caso letterario perché ci dice in maniera inequivocabile quale sia il livello toccato dall’industria editoriale italiana. Premi letterari compresi, che di quell’industria sono ormai stracca appendice.
La storia non merita soverchia attenzione, perché oltre a essere scritta in modo imbarazzante è d’una banalità ai limiti dell’insulto. Il canovaccio è il seguente. Lui e lei sono colleghi di lavoro e avrebbero tutti i motivi per detestarsi, e in effetti si detestano da anni. Lui è il rampollo di una famiglia britannica di sangue blu con tanto di parenti appassionati di caccia, lei figlia d’una famiglia commoner impegnata in ogni possibile causa sociale e per di più vegetariana con qualche punta di veganesimo. Stereotipi della più grossolana fattura, ma fosse solo questo. Fra i due poco a poco scoppia l’amore e vince ogni ostacolo, senza che nell’intreccio venga risparmiato al povero lettore il quasi-naufragio della storia. Tutto come da Manuale del Romanzetto Rosa. Le vicende si svolgono in una Londra della quale viene menzionata soltanto qualche fermata della metropolitana. Avrebbe potuto ugualmente essere Parigi, o Sondrio, o Joppolo Giancaxio. Nessuno avrebbe notato la differenza. Ma ciò che davvero fa di questo prodotto librario un “caso letterario” è lo stile. Al quale, per ammissione dell’autrice allegata alla pagina dei ringraziamenti, ha contribuito Alessandra Penna, celebrata editor della Newton Compton. E questa è davvero una chiamata di correità.
Il libro ha un incipit desolante: “Ce la posso fare, ce la posso fare, ce la devo fare! Ma poi commetto un errore: guardo l’orologio. Oddio, non ce la posso fare…”. Non sembra il blog di una ragazzina di seconda media? È solo l’inizio. L’autrice utilizza delle similitudini imbarazzanti: “aspra come una mora colta molto prematuramente” (pagina 11); “il tono è mutato all’istante ed è diventato freddo come il Polo Nord” (pagina 13); “Lo sguardo che gli rivolgo potrebbe gelare i pinguini del Polo Sud” (pagina 87; e evidentemente l’autrice teneva a rispettare la par condicio fra i due Poli); fino al banalissimo “il tono è tagliente come una lama” (pagina 73). Quest’ultimo passaggio cita un luogo comune fra i più abusati. E su questo piano Premoli è davvero un caso letterario, perché saccheggia la lista delle formule stereotipe lasciandone inutilizzate non più di tre o quattro. Nelle pagine del libro trovate infatti: “bianco come un lenzuolo” (pagina 15); “abbiamo bevuto come spugne” (pagina 18); “non avevo mai fatto male a una mosca” (pagina 24); “si sciolgono come neve al sole” (pagina 31); “puntuale come un orologio svizzero” (pagina 33); “come pesci fuor d’acqua” (pagina 47); “silenzio funereo” (pagina 52); “Mi vergogno come una ladra” (pagina 53); “tesa/o come una corda di violino” (pagine 54 e 71); “ci guardiamo in cagnesco” (pagina 56); “via il dente via il dolore” (pagina 103); “tacco vertiginoso” (pagine 105 e 110); “l’occasione servita su un piatto d’argento” (pagina 118); “Tra le braccia di Morfeo” (pagina 138); “Cosa bolle in pentola” (pagina 160); “dopo aver dormito tutta la notte come un ghiro” (pagina 174); “rossa come un peperone alla griglia” (pagina 229); “c’è del marcio in Danimarca” (pagina 229); “Non mi importa un fico secco” (pagina 242); “religioso silenzio” (pagina 289); “portare acqua al mio mulino” (pagina 290); “noi siamo due elefanti in cristalleria” (pagina 291). Un’altra caratteristica dell’autrice è la refrattarietà al punto di domanda. Ve ne riportiamo solo alcuni esempi, perché i frammenti sono davvero tanti: “E chi può saperlo” (pagina 121); “E io cosa ne so…” (pagina 175); “Cosa c’entra” e “Certo, come no” (entrambi a pagina 235) “Certo, come no” (ripetuto a pagina 241); “a chi vuoi darla a bere” (pagina 259). Ma ciò che davvero fa di “Ti prego lasciati odiare” un caso letterario sono gli strepitosi nonsense. Si parte da pagina 23 con “dopo un anno di lotte di quartiere”, che avrebbe dovuto essere “lotte senza quartiere”. A pagina 98 si legge un tragicomico “per forze di causa maggiore”. Memorabile il frammento a pagina 224: “Al massimo sono inciampata per sbaglio”. E già, perché di norma s’inciampa di proposito. Soprattutto, a pagina 227 c’è un ossimoro che potrebbe essere studiato nelle scuole d’italianistica: “azzardo prudentemente”.
Non ci fa mancare davvero nulla, Premoli. Non la frase che esprime altissima grazia femminile (“Ecco perché trovarmi improvvisamente cullata come una cosa preziosa mi riduce a una polpetta”, pagina 212), né il refuso che prende la forma dell’agghiacciante errore/orrore d’ortografia (“c’è l’ha”, pagina 286). A pagina 118 c’è un frammento che meglio di tutti esprime la poetica di Premoli: “Paiono passare lunghissimi minuti di silenzio assordante, il che è un controsenso, lo so, ma cosa ci posso fare?”. Ma l’apice si tocca a pagina 163, quando alla protagonista tocca salire in sella a un cavallo dal nome particolare: “è una femmina di nome Luna, e spero che sia davvero l’opposto del pianeta che ricorda”. Dunque secondo Anna Premoli la Luna sarebbe un pianeta. La sua editor, che l’ha invitata a rileggere il libro “soppesando ogni singola parola” (pagina 316) non ci trova nulla da ridire. E i giurati del Bancarella, anziché suggerire all’autrice di tornare alle elementari, la premiano. Questo è fuor d’ogni dubbio un caso letterario. E sarebbe bene che se ne parlasse parecchio.
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Prima o poi affronteremo anche il tema della tipologia di pubblico di questo genere di libri, che in fondo ne è la principale motivazione, sì?
Verissimo. Bisogna indagare il circolo vizioso fra questo tipo di editoria e il suo pubblico. Nasce prima l’uovo o la gallina?
Il pubblico di questi libri spazzatura è una maggioranza giovane cresciuta negli ambienti culturalmente desolanti e sentimentalmente sterili del neocapitalismo. Spesso sono ragazzi/e che si danno un tono in paese sottoscrivendo la causa della lettura pomeridiana ad ogni costo, armati di sogni quantitativi ed ingenui come “io sono una donna e voglio riempire una libreria invece che una scarpiera”. Questo pubblico si contraddistingue per una vigliaccheria che invece non è condivisa dai bimbiminchia di altri settori (per esempio i fumetti): sono pronti a negare di aver letto Cinquanta sfumature di grigio, il libro che tengono nella borsa mentre ti parlano. Questo stato di cose è durato abbastanza per comprendere anche gli adulti, il loro nulla più professionale, adeguato ai ritmi lavorativi, negli interstizi del quale si insinuano Moccia e compagnia. Ma gli adulti sono tanto peggiori quanto sono i loro soldi o la loro vanagloria intellettuale.
Insomma, è un pubblico disimpegnato, troppo stanco, cavo, facile, comodo.
È quello che sostengo: non ci sarebbero pessimi libri se non ci fossero pessimi lettori…
P.s. Mi chiedi amicizia su Facebook al profilo Pippo Russo Bis?
Io non posso farlo a causa di un blocco temporaneo… 🙂
@Lucia: definire “bimbiminchia” l’intera categoria dei lettori di fumetti è quantomeno discutibile. In effetti tra i tanti sintomi dell’arretratezza culturale del nostro Paese c’è anche la ghettizzazione del fumetto – che invece può essere un mezzo d’espressione di caratura notevole.
Io sto col fumetto ben fatto. La spazzatura è ovunque…
[…] se ne scorge le clamorose somiglianze con la stroncatura scritta da me e pubblicata dapprima sull’Unità del 3 agosto e poi ripresa su questo blog con […]
L’ha ribloggato su BarneyPanofskye ha commentato:
Lo stato dell’editoria italiana, testimoniato dal vincitore del premio “Bancarella” 2013. In sintesi: dopo aver toccato il fondo si puo’ anche scavare parecchio e tirar fuori “Ti prego, lasciati amare”. No, l’autore NON E’ Moccio Moccia. E anche questo la dice lunga sul periodo che stiamo vivendo…
Grazie Barney! 🙂
[…] Giovanni. Che ha da poco perso la corsa alla vittoria del Premio Bancarella a favore dell’orrendo Ti prego lasciati odiare di Anna Premoli. E a giudicare da ciò che scrive non si è ancora ripreso dallo shock. Già […]
L’ha ribloggato su Poetella's Bloge ha commentato:
leggete e diffondete!
E’ dovere!
Grazie! 🙂
come ho detto…dovere!
Che pretendiamo dall’editoria italiana? Venduta e collusa ?
Nulla. Si può solo denunciare la cialtroneria e diffonderne notizia… 🙂
P.S. Mi chiederesti amicizia al profilo Pippo Russo Bis?
Io non posso a causa di un blocco temporaneo…
Sto diffondendo perchè inorridisco, per non parlare del precedene self-pubblicato e di prossima uscita sempre per Newton dove Jane Austen è Jane Austin. Non ho letto “ti prego ecc.” solo sfogliato per ingannare l’attesa – ero in anticipo e pioveva – dentro una libreria, e l’ho trovato insulso a dir poco. Ora che vedo l’enorme quantità di luoghi comuni, segnati in rosso a ogni corso di scrittura creativa che ho frequentato, spauracchio di tutti gli esordienti, sto davvero male.
Il problema non credo sia tanto la trama, c’è a chi piace, i gusti si sa ecc. Ma come è scritto, l’editor fantasma e il premio immeritato.
Percheè purtroppo c’è ancora chi si basa sui premi per decidere gli acquisti libreschi e guai a tentare di farli ragionare.
L’ha ribloggato su esteticanaif.
Grazie! 🙂
Non so se ridere o piangere. Propenderei per la seconda opzione.
Pensa come mi sentivo io mentre lo leggevo… 😦
Deprimersi comunque… 😦
Scusa caro Pippo, ma io a questo punto sono per la censura preventiva!
D’accordo, Milton diceva che uccidere un libro è peggio che uccidere un uomo, perché uccide il frutto della ragione dell’uomo, ma allora che vogliamo fare con libri del genere che danneggiano il mondo? Andrebbero distrutti già allo stato embrionale di “manoscritto” o file .doc!
Cara Marcella, attizzi i miei peggiori istinti. Per certi libri io propugno la “Soluzione Pepe Carvalho”. Ti ricordi cosa faceva coi libri che non gli piacevano? 🙂
no, che faceva che faceva …?
bruciarli senza averli letti … Mmm. La tentazione è grande.
Seriamente.
Non so se sia più utile ignorare del tutto questi libri, oppure utilizzarli a scopo didattico, mostrando specie ai più giovani come non si debba scrivere.
Trovo i tuoi post utilissimi e preziosi, questa analisi del testo, di un’espressione, di un paragrafo. insegna molto non solo ai meno esperti, ma anche a chi ama scrivere e lo fa o crede di farlo già benino, anche perché non si finisce mai di imparare.
Dovresti leggere il mio libro “L’importo della ferita e altre storie” 🙂
Lo farò, scopro solo oggi questo blog e il tuo libro, ma mi hai già conquistata! Ciao
[…] toccherà a Anna Premoli, già fatta oggetto delle mie attenzioni. Ha scritto il secondo “romanzo”, e già il titolo vale una stroncatura a sé: Come […]
Non so se in qualche commento è giá stata citata l’analogia con il romanzo di successo (a sentir loro) “Tu per ora #per sempre” di Laurie Frankel (Sperling& Kupfer), pare acclamatissimo e tradotto in so quante lingue. Credo che in confronto la Premoli paia Calvino… Vergogna agli editori!!!
L’insipienza è generalizzata, ormai…
quanto al pubblico. Facciamo un parallelo tra lettura e cibo: può apprezzare la buona cucina chi non la conosce? Altrettanto tra educazione e galateo, buongusto, sport, affettività… Si può apprezzare solo ciò che si conosce e si affina solo ciò che si è cominciato ad avere. Buoni libri e si avrà un buon pubblico. Buoni scrittori per buoni lettori. Ed aggiungo che un buon lettore deve in prima persona saper scrivere almeno correttamente. La scrittura creativa dovrebbe entrare largamente nella scuola, ma ci vorrebbero insegnanti capaci e creativi, e tanti.
Quanto ai generi: il problema non è mai nel “genere”, ma solo nella cattiva scrittura. Credo sia vizio tutto italiano disdegnare, categorizzare e mettere in scala di valori i “generi”. E ritengo sia profondamente sbagliato.
Bellissima stroncatura!
Per curiosità l’ho letto anch’io e ho iniziato ad inorridire.
Quel “c’è l’ha” ho sperato fosse un errore di battitura, l’ho sperato sia per lei che per la sua editor o per eventuali correttori di bozze. Non lo è? Ahia…
La frase sulla Luna onestamente non l’ho capita, ma che lei pensi che è un pianeta non ci piove.
😦
E il dramma è che ha appena pubblicato il secondo romanzo… 😦
Oddio. Beh, per rafforzare la propria opinione (o darle una seconda chance) toccherà leggere anche quello. Ma giusto per essere masochisti.
Non infliggertelo: lo leggerò io per te… 🙂
Troppo gentile!
😉
[…] un articolo, che definirei “analitico”, molto interessante e simpatico intitolato Ti prego, lasciati mandare al macero. Si vede che la pensiamo allo stesso modo su questo […]
Grazie!
…che adesso devo farmelo prestare da qualcuno per leggere tutto ciò di cui parli! Come potrei io rimanere indifferente nei confronti di un’autrice cotale, con un’evidente passione per Geo&Geo e un’altrettanto evidente negligenza per le nozioni base dell’astronomia? ^^
Una recensione bellissima, complimenti!
Grazie! Ma non infliggerti il libro, mi sono intossicato io per te e tutti voi… 🙂
Uomo generoso!
Grazie! 🙂
[…] del libro vincitore del Premio Bancarella 2013, pubblicata il 3 agosto dall’Unità” da Pippo Russo (cliccate il nome dell’autore, per favore). Ormai nemmeno i più ambiti premi letterari sono […]
[…] perché rigettate dagli editovi vevi. E quindi non scvittovi vevi. Poi uno si fa un giretto, guarda cosa pubblica e premia la gvande e veva editovia italiana e ha due alternative: 1) fingere che tutto vada bene e, […]
Ah, quanta poesia in quel “c’è l’ha”! Non so se poesia da brivido o lo “scioc” che ha steso i miei neuroni. Comunque se questo era uno dei migliori, chissà quali erano i peggiori (da premiare). Signor Russo, la prego, mi dica che posso mandarle io qualcosa! Mi metto d’impegno a scrivere “Storia della supercazzola applicata alle zeppe da tavolo: come utilizzare certi romanzi nel migliore dei modi”. 😀
Mi pare un’ottima idea! 🙂
Sì, anche a me pare un’ottima idea 😀 Soprattutto se penso a quanto sangue sputo per tentare di far vendere più copie del mio romanzo 😀 Chissà, forse davvero dovrei scrivere anch’io ‘na roba sgrammaticata e mandarla a un editor di qualche major, magari supererei persino le vendite de “Le barzellette di Totti” 😀
Ora lo cerco e lo leggo… 🙂
No, stavo scherzando! Non lo faccia! Altrimenti potrebbe stroncare pure me e il mio ego acciaccato potrebbe soffrire troppo 😀
Naaa! Tengo il giudizio in segreto… 🙂
Anche perché appartengo alla categoria delle scribacchine di genere chick-lit. Potrebbe non piacerle come scrivo e mettermi alla gogna orribilmente. Va detto, però, che se lei mi facesse una critica giusta, anche se pesante l’accetterei. La critica con costrutto serve a far crescere o, in alternativa, a farmi capire che ho un futuro nell’agricoltura, sebbene deboluccia di braccia 😀
Pippo, Pippo (mi pare D’Angelo al Drive In…), non mi faccia del male 😀 che io so’ peccata, come si dice a Foggia (la suddetta forma dialettale indica che “sono da compatire anch’io). Lei stanotte mi farà venire gli incubi co’ ‘sta storia 😀
Ormai non si può resistere alla curiosità… 🙂
E poi non vale! Io gioco a carte scoperte visto che cliccando sul mio nome appare il mio ignobile profilo “feisbuc” 😀 su di lei, invece, buio profondo, quindi le palpitazioni sono solo le mie 😀 Già ho sognato una pianta di menta che voleva assassinarmi (faccio sogni ridicoli, lo so da me), se lei poi dice di voler leggere il mio libro stanotte cosa sognerò? Lei che accende il camino strappando pagine del mio libro 😀 Terribile!
Profilo Pippo Russo Bis. Chiedimi amicizia e diamoci del tu… 🙂
Pippo: resista! Lo faccia per i suoi neuroni! Se ci tiene a svegliarsi sano di mente, domani, non prosegua sulla strada della follia! Io le voglio quasi bene come a un fratello: anche lei è “peccato” come si dice sempre a Foggia! 😀
Pippo, accetto volentieri di darti del tu ma come ti trovo? Proprio come Pippo o Giuseppe? 🙂
Sei di Agrigento? Capelli brizzolati? Di “Pippi” ce n’è tanti, eh 😀
L’ha ribloggato su Scrittore che sta per emergere.
[…] Come uscirne? […]
[…] Cercando Oblivia. E' il blog del sociologo Pippo Russo, di cui vi avevo già parlato […]
[…] Cercando Oblivia. E' il blog del sociologo Pippo Russo, di cui vi avevo già parlato segnalandovi il suo esilarante libro, […]
[…] Cercando Oblivia. E' il blog del sociologo Pippo Russo, di cui vi avevo già parlato segnalandovi il suo esilarante libro, […]
“La storia non merita soverchia attenzione….” perchè allora si partoriscono sottigliezze e distinguo ad essa connesse? Alle balordaggini di uno che si macera sulle “macerie” altrui si? Tra passatempo e mestiere di chi fa le pulci ai gatti elencandole puntigliosamente, si scorge l’acume del “a domanda risponde” dello sbirro di turno,imbelle al cimento editoiriale ma balbuziente-beatificato in un giornale che un tempo fu di popolo,deciso e clemente, che accoglie gli aedi del “sine nobilitade” sparato nei salotti dandiniani ,o dandinnier (sculettanti) se vogliamo, Sciorina giudizio e critica da,capocomico di compagnia di giro,il solito, degli intellettuali da cafè del corso, usi a masticar parole con lo stesso godimento del masticare il vetro coi denti (non vi sforzare, fu detto da Majakovskij) Ma come sono esilaranti le sue facezie letterarie sulle altrui disgrazie, che proprio perchè sono colorate di giovinezza possono sempre emendarsi però, che figlio benedetto del Tarde e Durkhein votato all’invettiva del “piagnone” (Savonarola) a senza la quale “come faremo a vivere” dell’indicatore del gusto! E le oche del Campidoglio a starnazzargli dietro col “il Pippo? che bravo nè!” candidandosi così all’eventuale assenso ai loro fremiti letterari. Sorride l’eunuco (tali furono definiti, un tempo,i critici) lui sa bene parlar d’amore e stile, s’affianca bene al concetto del “critico creativo” di oliviana memoria che non stronca ma castra per ridurre il meschino(a) in elenco, alla sua stessa condizione._Tutti hanno diritto di veder realizzati i sogni nei quali si perdono, senza nuocere; quale può essere quello che invece li smembra in nome di un dogma riservato solo agli “eletti”? Se spostassimo l’argomento nella famosa scena dello scompartimento del treno dove il grandissimo Totò risponde ala prosopopea dell’on.Trombetta, sentiremo ancora la frase “MA MI FACCIA IL PIACERE !” _Luk
Ma quanto sei bello, Lucia’! Disegni pure simili arabeschi quando cachi, o gli stronzi li fai ellittici come durante una banale cacata da dopopranzo? Ci rimarrei male se la verità fosse la seconda che ho detto. Perché hai un talento arabescante da fuoriclasse. rendi materia nobile pure la cacca. E allora mi chiedo: perché non tu in luogo di Fabio Volo? In fondo siete belli uguale.
Manda qualche scritto alla Newton Compton, vedrai che pubblicano pure te e ti ritrovi piazzato vicino al banco surgelati in tutti i Conad d’Italia.
Ciao Trombettino, che Sir Guttalax sia con te.
Non demordo PIFFERAIO, portati dietro i sorci che ti fanno mangiare e affogati con essi. Come fai ad essere di sinistra ,sinistro rabbioso come sei?;, non ti ho offeso come tu offendi me ma per questo, non scendo di livello. Non ho parlato con te ma di che pasta sei. Alle teste di legno non si parla, servite solo ad attizzare il focherello dei vostri insuccessi e in quanto a cacca te ne intendi e come, visto che rimesti anche la mia Non ho bisogno di rifugi editoriali come te, fallito e bilioso, ignaro del confronto nella tensione di opposti (non ti sforzare non è roba per te) si vede lontano un miglio che a scuola ci sei stato poco e male.Non mi occupo di editoria quand’anche adolescenziale ma di forma e contenuto cosa che faccio da 40 anni coi miei studenti e tu con i proclami d’accademia (quella dei cacatubi) sei l’esempio di come la forma “è” invece del si “fà” (la tua stitichezza mentale non ti consente il lassativo di Adolf Loos). Nonostante la tua caldana non nutro l’astio ma con “ingenia senibus manent” ti saluto. Un giovane staggionato di 72 anni, Luk
Signor Luciano, la prego. Se davvero lei ha (avuto) degli studenti, abbiamo appena scoperto a chi dare la colpa della oscena, vergognosa ignoranza delle nuove generazioni. “Fà”, “staggionato”… Roba che nemmeno all’asilo. Vergognavergognavergogna. Orecchie d’asino e dietro la lavagna.
Ma io, signor Luciano, io spero tanto che lei sia un ventenne brufoloso che non è mai riuscito a pubblicare la sua autobiografia (anche se la madre gli ha garantito che è un vero capolavoro, meglio della Divina Commedia).
Sì signor Luciano, io voglio immaginarla così, ventenne frustrato e anche un po’ ignorante, ma con tutta la vita davanti per migliorare.
Perché se davvero lei ha scritto in quel modo vergognoso per 72 anni, e magari ha anche insegnato ad altri a scrivere allo stesso modo, allora non c’è più speranza.
Ma lascialo divertire, in fondo è innocuo 😉
Lucia, sei un mito! E scrivi peggio del tuo omonimo Moggi. Mi sa che riutilizzo i tuoi scritti, manco la Premoli scrive certe fetenzìe.
Vogliamo continuare a zufolare ancora? Un saltino di qualità l’hai ben fatto dandomi del lei ,ci manca il signor mio e poi siamo a posto, fallo ancora col tu dopotutto vedo che sei umano e non l’androide degli effetti speciali. Sai solo di bettola, per carità godibilissima come l’affabulazione dei tuoi “commentaria”(!!!!!) ; dev’essere bellissimo vederti come fai la ruota nei salotti, e poi come soprammobile saresti perfetto, pezzo unico con lo stampo a perdere Le staggggggggggioni della mia vita mi hanno portato più volte ad incontrare i soloni come te, mi hanno,ci hanno divertito come i buffoni dei re,.ma poi abbiamo ripreso il compito che più ci aggrada l’impegno di costruirlo il mondo non di criticarlo, e Loos come mia madre non sono roba per te Vergognati !Sono un uomo felice perchè non mi somigli, pechè io costruisco e tu distruggi perchè con la tua prosopopa saccente nasconde solo un vuoto siderale di mancanza d’affetto. Io non ho bisogno di scrivere degli altri e su di essi come fai tu che bruchi l’erba non tua..non mi interessa non è il mio mestiere, e mi angoscia sapere che è il tuo.
Ribadisco: sei un mito. Scrivimi un altro paio di commenti, dai. Con quelli come te è troppo facile e divertente, persino rilassante.
Lo faccio. Ti blandisci, ma bene! Ora mi trovi divertente e rilassante; sapere che ancora servo al mio prossimo, mi conforta, sei la mia tisana a chiusura di botteghino ( come direbbe un MocciVolo se gli rubassi il mestiere..).i 3 puntini d’ordinanza ti vanno bene o ce ne aggiungo un altro? Mi racconteresti amico quanti bottoni c’ha la tonaca di don Abbondio e magari quante mattonelle corredano la “Capella Scrovegni” a Padova e a quale vocabolo (titolo,pagina,rigo della Summa di Tommaso si trova l’esametro di Cicerone che piace tanto ai voi critici e giornalisti, suvvia perchè mi lasciate “orbo di verbo” e con questo patema da “inclita”? (Godi fratello) L’avrai capito, spero,che sono uomo di pennello e china e che traccio caricature (anche) oltre a ponti,case,computer e forchette. Ma ti salvo Russo perchè sei di Sicilia e questo conta e come, Che contraddizione la tua nel citare Amleto de Silva che cita te,(lo fai per vanità nevvero) ma sul contenuto soprassiedi, birichino! IO la penso esattamente come lui ma ci siamo persi per strada e il recupero è un po’ difficile.e poi iscriversi alla “….Crusca” solo per farti piacere è defatigante.
Sei grandioso! Mi spiace solo che tu stia invecchiando così male, ma purtroppo finisce sempre così: la natura s’accanisce sui casi speciali. Salutami la badante.
Per rispondere poi all’amabile signora Alessandra, dalla storica “beffa” facile a quanto vedo, preciso che il fà ,che tanto la inorridisce e tratta dall’affermazione di Adolf Loos “Il problema della forma non è che essa é, ma si fà.” l’uso accentato del “fa” è la distinzione necessaria dal “fa” della nota musicale e nell’insieme la frase, che attiene all’architettura, per senso traslato, la si applica anche ad altri campi (design,arti applicate ecc.) ed è la traduzione dal tedesco contenuta ne “Abstraktion und Einfuluung” di Worringer.( la dieresi non so come si batte) _ In quanto allo “stagionato” arricchito dii una g è solo un errore di battitura ( o lapsus freudiano di un eccesso del super-io, forse) pertanto, me ne scuso e come Adriano Olivetti , io che ne sono figlio, stento a battere a macchina e come so progettare un biblioteca o una memoria ibrida di computer, non so fare ne il bibliotecario, ne il manovratore di tastiere come lei, nei casi citati sembra intendersene. I miei studenti poi, per mia grande soddisfazione, persino alcuni diventati nonni , hanno trovato un’eccellente riscontro nella società contribuendo ad arricchirla e non di chiacchiere da salotto ma di fatti ed opere encomiabili. Per finire; l ‘astio delle sue risposte, a protezione dell’intoccabilità del suo “sottoposto”,s’addice più a una Elettra luttuosa che ad una talentosa (o talentuosa) signora dei nostri tempi. La saluto per dovere di educazione. Luciano Quadraroli
Apprezzo il tuo “disdoro” velato di buon consiglio Che acume! Hai proprio ragione la vecchiaia è bruttissima cosa, rimbambisce e fa male dapertutto ; perchè a tua volta non ne venissi afflitto, ti auguro di cuore di non arrivarci, mai.
Ma sei ancora qui? Pover’uomo, devi proprio essere uno che non ha un cazzo da fare dal mattino alla sera. Mi fai tenerezza. Ma non sei stato segnalato ai servizi sociali?
Che bisogno ne avrei se ci sei tu a darmela.Tranquillo, esco del tuo pascolo, dopotutto mi ci sono infilato per forza.
Bravo, vai a belare in solitario. Che ti sia lieve la Terra dei Fuochi…
[…] annotato la totale assenza di editor e di un correttore di bozze. Parlo del seguente articolo: Ti prego, lasciati mandare al macero. Che vi consiglio di leggere per intero, alla fine ne uscirete con le mani nei capelli. La domanda […]
[…] libro in questione, all’analisi oggettiva, risulta uno scadente assemblato di luoghi comuni (cfr. l’analisi di Pippo Russo) che sembra esser stato eseguito alla catena di montaggio, utilizzando trite formule da spot […]
[…] libro in questione, all’analisi oggettiva, risulta uno scadente assemblato di luoghi comuni (cfr. l’analisi di Pippo Russo) che sembra esser stato eseguito alla catena di montaggio, utilizzando trite formule da spot […]
[…] le similitudini logore è fare editing. Cosa che non è accaduto per un libro che ha vinto il Premio Bancarella in cui similitudini logore erano lo stile […]
Sottoscrivo… 🙂
Sottoscrivo anch’io.
Ultimamente trovo che i libri pieni di similitudini banali, meno banali o improbabili, zeppi di frasi a effetto, di iperboli assurde e figure retoriche varie che non esprimono nient’altro che la voglia di stupire, siano ii più venduti, i più premiati, i più ricercati dai talkshow. E questo sta uccidendo il buon gusto e.la capacità di pensare, l’immaginazione se non addirittura quel poco che rimane dell’amore per la lettura che ancora aleggia fra gli scaffali delle librerie.
Parole, parole, parole spesso con poco senso (come sottolinea Pippo Russo nelle sue mirabili stroncature), ripetute ossessivamente, quasi sempre inutili, utilizzate per mascherare la pochezza delle idee, e l’inconsistenza delle trame. (“Io e te. Noi?” Mio, tuo, nostro? Sì, nostro. No, mio e tuo…. mah!). Sono questi i libri che, salvo rare eccezioni, gli Amici delle domenica presentano allo Strega e magari entrano in finale, o vincono il Bancarella. Questi i libri sempre in primo piano sui bancali delle librerie. Questi i libri perennemente nelle classifiche di vendita.
Ma se sono un’accozzaglia di luoghi comuni non darei la colpa agli editor perché i professionisti bravi costano troppo e quelli così e così,, che oggi affollano le redazioni, o non sono all’altezza del loro compito oppure non hanno la forza contrattuale per imporsi su autori troppo coccolati per ragiono che non hanno molto a che vedere con le loro doti letterarie. Autori che a dispetto della pochezza dei loro libri stravendono per una sola ragione: perché sono di facile lettura e di alta digeribilità. Che tradotto in parole terra a terra significa che non fanno pensare perché esprimono concetti alla portata del grande pubblico di bocca buona e li esprimono con una finta ricercatezza che in questo paese è facile spacciare per letteratura.
[…] Poi siamo stati in Mondadori, perché l’Orso marito voleva vedere i tablet. Io non compro nelle librerie di catena, di principio, i libri in evidenza mi sembravano tutti uguali, specchio di un’editoria malata che dimentica Vevi e premia chi scrive che la luna è un pianeta (tra le varie castronerie!) […]
Ciao Pippo,
apprezzo la tua onestà intellettuale, in un panorama pieno di marchettari. Penso che sia in atto, da parte di editori e critici, una sorta di apologia della paraletteratura. Il successo della Gamberale ne è l’ennesima dimostrazione.
La Gamberale è il simbolo dello sfascio culturale italiano…
Pippo, non è la Gamberale il simbolo dello sfascio. Sono le scelte dei lettori e soprattutto i troppi non lettori l’effetto tangibile della politica anticulturalie degli ultimi due-tre decenni.
Due giorni passati a gironzolare fra gli stand del Salone di Torino mi hanno fatto capire quanto inutili siano gli sforzi dei critici acuti come te che purtroppo si ritrovano a parlare solo a un pubblico sempre più sparuto di lettori che di critiche intelligenti non avrebbero bisogno perché la scrittura sono in grado di giudicarla da sé. Per tutti gli altri, Gamberale, ma anche Volo, Moccia & Company sono i placebo contro il buio della mente. E allora, meglio loro che almeno la sintassi la conoscono, dei sopravvissuti all’isola dei famosi o dei reduci da Sanremo e dai campi di calcio col pallino della scrittura e i soldi per pagarsi il ghostwriter.
Probabile che le cose stiano così…
[…] a due instancabili produttori di percolato editoriale come Fabio Volo e Anna Premoli (leggi qui e qui). Davvero si vuol intendere […]
[…] li ignoro proprio, il ché è un tantino diverso. Per me, non fanno notizia, soprattutto dopo aver letto una molto molto molto motivata e dettagliata stroncatura di un autrice vincitrice di un premio…. Dopo quella rivelazione, ho visto […]
Non so neanch’io quale fortunata cometa (astro eh, non pianeta!) mi abbia guidata fin qui ma…ti trovo geniale e a tratti esilarante. Cullavo da un po’ l’idea di recensire uno a caso di questi esempi orridi di chicklit all’italiana ma dopo aver letto la tua stroncatura, scritta ed argomentata in modo sublime, mi astengo e mi limito a linkarti.
Tanta, tanta stima!
Grazie mille! E scusami per il ritardo con cui ti rispondo 😃
Questi sono gli unici libri che molte case editrici medio-grandi pubblicano senza problemi, perché si vendono bene. Una volta ho pronunciato la parola letteratura in una riunione di Amazon, alla presenza di agenti e autori. Mi hanno guardato come se fossi un alieno e si sono messi a ridere. Non si può pubblicare letteratura, se manca un pubblico disposto a leggerla. All’articolo di Pippo Russo posso aggiungere che i luoghi comuni e le frasi fatte sono presenti con terrificante frequenza nel linguaggio subgiornalistico che ci perseguita ogni giorno dagli schermi della tv. Il lettore medio si ritrova in quel frasario e l’uso di quel linguaggio comune e usurato (che va dal silenzio assordante alla vista mozzafiato) è spesso garanzia di successo di un libro.
La sciatteria linguistica impera, ci rimangono le nicchie di resistenza. E scusami per il ritardo con cui ti rispondo 😀
L’ha ribloggato su Antonino Schiera Riflessioni d'autore.
Grazie!