La strada che da Galliano sale verso Panna potrebbe entrare in uno spot pubblicitario. Dal Mugello si inerpica verso il Passo della Futa, dove l’Appennino fa da sutura fra Toscana e Emilia. Oltrepassa la frazione di Panna, che è parte del comune di Scarperia-San Piero a Sieve e dà il nome alla famosa acqua. Lo stabilimento dove viene effettuato l’imbottigliamento è il solo punto in cui s’interrompe l’idillio del paesaggio toscano, che poi riprende e apre scorci poco conosciuti pure ai toscani del circondario. Percorrere i tornanti punteggiati dai cipressi e osservare gli squarci che si aprono è un’esperienza immersiva. Qualcosa che restituisce il piacere della guida lenta, dell’andare per andare e non per arrivare. E però a volte l’esperienza è talmente immersiva da far sorgere il sospetto che sia anche straniante. Uno stordimento da lentezza che dà l’impressione di trasportarti dentro una dimensione parallela, in agguato lì a mezzo metro dal reale . A me è successo stamattina, molto dopo mezzogiorno. In una giornata appena uggiosa e discretamente ventosa, che annunciava l’arrivo di una breve ondata d’inverno, ho deciso di prendermi un attimo di pausa e sono andato in su. Ho incrociato quasi nessuno, come mostra il video postato sopra. Ma poi in una radura a fianco della strada ho notato una cosa che mi ha convinto a fare inversione per andare a sincerarmi di aver visto giusto. E in effetti non mi ero sbagliato. Perché accanto a dei rifiuti accatastati con un vago criterio da raccolta differenziata c’era la carcassa di un autoveicolo bruciato.
Raccolte differenziate
Natura viva e tecnologia morta. Un contrasto che aveva anche un suo fascino estetico. “Che sia un’installazione artistica?”, è il dubbio che mi ha colto. Ci starebbe anche, dato che a pochi chilometri da qui c’è l’autodromo del Mugello. E il vecchio televisore abbandonato accanto ai cestini della differenziata aggiungeva un tocco di simbolico. Si brucia il mezzo da corsa, si sfacia il mezzo della visione a distanza, e in questo turbine di tecnologia che va in default la natura riprende il sopravvento. Nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma. Sta’ a vedere che se mi fermo altri cinque minuti in questa radura metto radici e rimango qui. Mi sono spostato da lì sollecitato da questo pensiero, ma anche per sincerarmi di un’altra stranezza che avevo notato prima di fare l’inversione a U. E ancora una volta ho verificato che avevo visto bene.
Ciao ciao da Babbo Natale
Nel prato spettinato intorno a una casa, piazzato dietro la corda dei panni stesi, era sisetmato un Babbo Natale gonfiabile. Dondolava alle folate di vento e pareva proprio mi stesse salutando.
Lì ho capito che era meglio me ne tornassi alle attività quotidiane. Magari domani chiedo al megapresidente galattico Leonardo Bottai se il distributore automatico del caffè di Agriambiente Mugello contenga anche cialde alla cannabis.
Il gigantesco equivoco su Qatar 2022 come strumento di soft power (Domani, 18 novembre 2022)
Ma dov’è questo soft power? Bisognerebbe cominciare a chiederlo in giro, rivolgere il quesito a tutti coloro che da mesi usano questo concetto a vanvera e in modo dilettantesco, quando parlano dei mondiali di calcio in Qatar che prenderanno il via domenica 20 novembre.
Cessione sospesa per mancanza di trasparenza. Il giudice della terza sezione commerciale del tribunale di Rio de Janeiro, Luiz Alberto Carvalho Alves, ha stoppato la cessione del Club de Regatas Vasco da Gama a 777 Partners, il fondo che controlla il Genoa unitamente a altri club e che nella sua bulimia da shopping di società calcistiche ha chiuso l’accordo per l’acquisizione della società brasiliana.
Il mare non mente. È una forza primordiale, la più immensa che esista in natura. E nonostante la sua onnipresenza nella storia umana non abbiamo ancora davvero imparato a guardarlo in modo corretto. Nella mentalità comune il mare corrisponde soprattutto alle idee di relax, di vacanza, di luogo del godimento e della sospensione temporale. Un mare addomesticato, da visitare e perlustrare a distanza di relativa sicurezza dalla terra emersa. Quando invece per la maggior parte della storia umana esso è stato il complesso delle rotte di scambio e dei commerci, ma anche l’arena delle guerre nonché vasto cimitero (vocazione, quest’ultima, che purtroppo continua a essere presente). Questa falsa visione dominante ha avuto influenza anche sul modo in cui il mare viene raccontato dalla letteratura odierna. O per meglio dire, sul modo in cui non viene raccontato. Perché salvo eccezioni che nel panorama narrativo contemporaneo bisogna proprio andare a cercare.
Mettiamola così: per le prime 242 pagine “L’equazione del cuore”, l’ultimo manufatto editoriale messo sul mercato da Maurizio De Giovanni e pubblicato da Mondadori, è una schifezza priva d’appello. Come del resto molti altri testi prodotti nel corso degli anni da un autore che ormai cava un libro ogni bimestre. Ma poi, a partire dalla pagina numero 243 e per le successive nove che chiudono il manufatto, l’autore si riscatta piazzando un colpo da vero maestro della narrativa come fin qui non gli era riuscito in carriera: pagine bianche. Che nobilitano le precedenti 242 dense di un nulla graficamente compilato. Spese nel titanico sforzo di tenere in piedi e rendere avvincente una storia che ha l’effetto di una minestra allungata per una settimana, impossibilitata a prendere sale e sapore col solo atto di mescolarla all’infinito. E invece il bianco compatto, il nulla smaltato e riutilizzabile alla bisogna ha ridato speranza al lettore. Speranza che De Giovanni voglia riprovarci.
La fine era annunciata ma nessuno si aspettava potesse arrivare così rapidamente. Paulo Sousa viene licenziato dal Flamengo dopo nemmeno sei mesi di permanenza sulla panchina rossonera, e vista la stentata permanenza alla guida della squadra più popolare del paese risulta difficile pensare potesse andare diversamente.
Mettiamola così: per le prime 242 pagine “L’equazione del cuore”, l’ultimo manufatto editoriale messo sul mercato da Maurizio De Giovanni e pubblicato da Mondadori, è una schifezza priva d’appello. Come del resto molti altri testi prodotti nel corso degli anni da un autore che ormai cava un libro ogni bimestre. Ma poi, a partire dalla pagina numero 243 e per le successive nove che chiudono il manufatto, l’autore si riscatta piazzando un colpo da vero maestro della narrativa come fin qui non gli era riuscito in carriera: pagine bianche. Che nobilitano le precedenti 242 dense di un nulla graficamente compilato. Spese nel titanico sforzo di tenere in piedi e rendere avvincente una storia che ha l’effetto di una minestra allungata per una settimana, impossibilitata a prendere sale e sapore col solo atto di mescolarla all’infinito. E invece il bianco compatto, il nulla smaltato e riutilizzabile alla bisogna ha ridato speranza al lettore. Speranza che De Giovanni voglia riprovarci. E che magari la prossima volta regali un volume di sole pagine bianche. Immaginate come potrebbe essere un “L’equazione della prostata” nella versione di uno sterminato spazio bianco, finalmente capace di regalare un’emozione diversa rispetto all’interminabile sbadiglio delle 242 pagine che fin lì era toccato sorbirsi. Questo ci piace immaginare. E però c’è un però.
Mettiamola così: per le prime 242 pagine “L’equazione del cuore”, l’ultimo manufatto editoriale messo sul mercato da Maurizio De Giovanni e pubblicato da Mondadori, è una schifezza priva d’appello. Come del resto molti altri testi prodotti nel corso degli anni da un autore che ormai cava un libro ogni bimestre. Ma poi, a partire dalla pagina numero 243 e per le successive nove che chiudono il manufatto, l’autore si riscatta piazzando un colpo da vero maestro della narrativa come fin qui non gli era riuscito in carriera: pagine bianche. Che nobilitano le precedenti 242 dense di un nulla graficamente compilato. Spese nel titanico sforzo di tenere in piedi e rendere avvincente una storia che ha l’effetto di una minestra allungata per una settimana, impossibilitata a prendere sale e sapore col solo atto di mescolarla all’infinito. E invece il bianco compatto, il nulla smaltato e riutilizzabile alla bisogna ha ridato speranza al lettore. Speranza che De Giovanni voglia riprovarci. E che magari la prossima volta regali un volume di sole pagine bianche. Immaginate come potrebbe essere un “L’equazione della prostata” nella versione di uno sterminato spazio bianco, finalmente capace di regalare un’emozione diversa rispetto all’interminabile sbadiglio delle 242 pagine che fin lì era toccato sorbirsi. Questo ci piace immaginare. E però c’è un però.
Da ieri la notizia che Roman Abramovich ha messo in vendita il Chelsea trova un posto di rilievo nei sommari di ogni canale informativo. Non c’è notiziario o sito web che non riporti l’intenzione dell’oligarca russo di cedere il club di Stamford Bridge, con promessa di utilizzare il ricavato in favore delle vittime della guerra.
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