Il conflitto fra Sporting Lisbona e Doyen: una battaglia decisiva per l’indipendenza dei club dall’economia parallela del calcio globale

In questi giorni si sta combattendo in Portogallo una battaglia di cui l’informazione sportiva italiana e i suoi penosi “esperti di calciomercato” nulla vi raccontano. Non lo fanno perché nemmeno capiscono la portata della questione; e perché, se anche capissero, preferirebbero il quieto vivere pur di non compromettersi i rapporti col direttore sportivo o con l’agente di calciatori che lanciano loro indiscrezioni come fossero polpette da addentare al volo. La vicenda cui faccio riferimento riguarda il conflitto fra lo Sporting Lisbona e Marcos Rojo, difensore della nazionale argentina autore di un buon mondiale in Brasile. 182033_galeria_.jpg

Marcos Rojo con la maglia della nazionale argentina
Marcos Rojo con la maglia della nazionale argentina

E sullo sfondo, ancora una volta, l’organizzazione che sta colonizzando il calcio globale imponendogli una forza finanziaria sulle cui origini non si è ancora fatta abbastanza luce, e determinando i principali movimenti di calciomercato ai massimi livelli: Doyen Sports Investments, il braccio sportivo di Doyen Group, un soggetto di cui parlo diffusamente in Gol di rapina. Il lato oscuro del calcio globale.   10251950_688683877839497_1050097892033296197_n Il nome di Marcos Rojo è uno dei più menzionati dalle cronache del calciomercato internazionale. Un po’ meno nota è la situazione dei suoi diritti economici, cioè quelli che stabiliscono chi debba lucrare sulla sua compravendita. Essi sono infatti appannaggio al 75% di Doyen Sports Investments, che per quella quota finanziò l’acquisto del calciatore nell’estate del 2012. L’argentino proveniva dallo Spartak Mosca, uno dei tanti club che chissà come mai rientrano sempre in certi giri d’affari come l’Olympiakos Pireo, il Rubin Kazan,il Partizan Belgrado, i turchi del Fenerbahce e del Besiktas, il Saint Etienne, lo Standard Liegi, alcuni club olandesi (Groningen, Twente, PSV Eindhoven), mezza Liga spagnola (Atletico Madrid, Siviglia, Valencia, Deportivo La Coruňa, Sporting Gijon, Elche, Getafe), e mezza Liga portoghese (Sporting Braga, Vitoria Setubal, Rio Ave, Estoril Praia, Paços de Ferreira, e i principali club che verranno menzionati più avanti). E in cima a questo sistema si trovano i club che dispongono di smisurata capacità finanziaria perché controllati direttamente o indirettamente da capitali russi o asiatici: le spagnole Barcellona e Real Madrid; le inglesi Arsenal, Chelsea, Manchester City e Manchester United; le francesi Monaco e Paris-Saint Germain. Dietro questi club che dominano il gioco della grande finanza calcistica c’è un altro gruppo di club di complemento, a sua volta diviso in due scaglioni. Ci sono i tre principali club portoghesi (Benfica, Porto e Sporting Lisbona), che si prestano a accogliere calciatori da valorizzare, in termini finanziari prima che tecnici, per poi rivenderli quando i finanziatori decidono. E ci sono i tre ex grandi club italiani, quello che appartenevano alla lobby del G-14: Inter, Juventus e Milan. Che adesso si sono ridotte a accogliere scarti dei club di prima fascia europea (Kakà, Alex, Essien, Menez, Diego Lopez, Vidic, Evra, Tevez, e forse nelle prossime settimane anche Nani e Chicharito Hernandez), o a valorizzarne qualcuno controllato da quegli stessi club e da fondi d’investimento (come è il caso di Alvaro Morata, calciatore controllato da Doyen Sports Investments). E chiedo venia se mi sono dilungato a tracciare questa complessa rete, che fra l’altro è certamente sommaria e omette qualche altro nome, ma ritengo fosse operazione preliminare indispensabile per capire quale sia il campo in cui ci si muove.

Alvaro Morata
Alvaro Morata

Ma torniamo a quell’estate 2012. A fine agosto lo Sporting Lisbona acquisisce due calciatori grazie all’aiuto finanziario di Doyen Sports Investments, che trionfalmente ne dà notizia sul proprio sito: con la stessa formula di Rojo viene ingaggiato Zakaria Labyad, di cui Doyen finanzia il 35%. In quei giorni il presidente dello Sporting Lisbona era Luis Godinho Lopes, un imprenditore edile e immobiliarista nato in Mozambico e in rapporti non soltanto affettivi col club.

Luis Godinho Lopes
Luis Godinho Lopes

I giornali portoghesi lo indicano come “responsabile” della costruzione del Novo Alvalade (lo stadio costruito in prossimità del vecchio Estadio de Alvalade e inaugurato a pochi mesi dall’avvio degli europei portoghesi del 2004) e dell’Academia de Alcochete, il centro sportivo del club inaugurato nel 2002.

Il Novo Alvalade
Il Novo Alvalade
L'Academia de Alcochete
L’Academia de Alcochete

Durante il periodo da presidente del club leonino Godinho Lopes ha avuto qualche problema con la giustizia per questioni legate all’Expo di Lisbona ’98, e sotto la cui gestione lo Sporting è caduto ai più bassi livelli tecnici e economici della sua storia. Alla presidenza del club gli succede, il 27 marzo 2013, il giovane Bruno de Carvalho. Che era già stato antagonista elettorale di Godinho Lopes in occasione delle contestate elezioni del 2011, e  che dunque fin dall’inizio del suo mandato non ha perso occasione di rimarcare la discontinuità dal predecessore. E proprio le strategie di mercato, con le relative alleanze, sono state il principale strumento di contrapposizione. E con questo arriviamo all’oggi.

Bruno de Carvalho
Bruno de Carvalho

Dopo il mondiale disputato a alto livello con la maglia dell’Argentina, Rojo decide che è il momento di provare l’avventura con un club dell’élite europea. Quelli di Doyen sono d’accordo, o forse è più corretto dire che siano loro per primi a spingere per la cessione del calciatore. Per un fondo d’investimento che lucra sulla compravendita dei calciatori, un atleta fermo troppo a lungo in un club è un investimento morto. E qui si scatena la battaglia. Perché Bruno De Carvalho è sì disponibile a cedere Rojo, ma soltanto per una cifra non inferiore ai 20 milioni. Il motivo è semplice. Il calciatore è costato nel complesso 5,4 milioni, più di quanto in un primo momento annunciato (4,5). Per la sua quota lo Sporting ha versato circa 1,4 milioni. Carvalho vuole vendere a 20 perché così può assicurare alle casse del club un ritorno di 5 milioni, corrispondenti al 25% dei diritti economici. Il che sarebbe una cifra infima rispetto al valore del calciatore, oltreché un bassissimo riconoscimento dato al club per la sua valorizzazione. Ma costituirebbe comunque il livello minimo di salvaguardia per la redditività dell’affare e l’equilibrio di bilancio del club. Al quale, in caso contrario, toccherebbe persino di ricavare una minusvalenza a dispetto di aver ceduto un calciatore quotato e vicecampione del mondo. Tanto più che, giorno dopo giorno, emergono dettagli preoccupanti a proposito dell’accordo stretto da Doyen e Sporting nei giorni in cui era presidente Godinho Lopes.  C’è innanzitutto che l’ex club di Rojo, lo Spartak Mosca, ha diritto al 25% della plusvalenza. Ciò è stabilito una di quelle clausole che sempre più spesso popolano i contratti di cessione dei calciatori, e contro le quali bisogna che l’Uefa (lasciamo perdere la Fifa di Blatter…) dichiari guerra. Ma soprattutto c’è un aspetto grottesco. Stando a quanto riferisce un articolo di O Jogo, lo Sporting è tenuto a rimborsare a Doyen un milione di euro per ogni stagione di permanenza di Rojo in biancoverde. Di fatto, il club detiene il calciatore in affitto. Ecco perché, facendo la tara di tutte queste condizioni-capestro, Bruno De Carvalho fissa a 20 milioni (cioè 5 d’incasso) la quota minima affinché il club non arrivi addirittura a rimetterci sulla cessione di un calciatore così quotato. E qui scoppia il conflitto. Allo Sporting arriva un’offerta del Southampton, club che si trova al centro d’un giro finanziario spaventoso, e si muove di conseguenza sul mercato del calcio. Il club inglese offre 15 milioni, lo Sporting risponde no. Si fa avanti il Manchester United, club da sempre amico di Jorge Mendes e dunque di Doyen Sports Investments. Offre 16 milioni di sterline, cifra che si avvicina ai 20 milioni di euro pretesi da Carvalho. Che però tiene il punto e dice ancora no. Ma nel frattempo esplode il conflitto fra il calciatore e il club. Tornato pochi giorni fa dalle vacanze post-mondiali, Rojo dichiara di volersene andare e due giorni fa compie il gesto di rottura: rifiuta di allenarsi, così come il compagno Islam Slimani (nazionale algerino reduce anch’egli da un buon mondiale) che vuol andare a giocare in Inghilterra al Leicester e rompe pure col club. Il presidente leonino risponde rilasciando un’intervista a Sporting TV, durante la quale accusa esplicitamente Doyen e altri soggetti che manovrano a piacimento il calciomercato globale (come Pini Zahavi) di aizzare i calciatori da loro controllati contro i club. E Doyen risponde duramente con un comunicato lunghissimo e arrogante. A sua volta il club controreplica, giusto in queste ore, inviando un clamoroso comunicato alla Commissao do Mercado de Valores Mobiliarios, la Consob portoghese (il club è quotato in borsa), nel quale annuncia la rottura del contratto con Doyen per giusta causa. Dunque, la vicenda è tuttora in piena evoluzione. Ma da essa bisogna trarre alcune lezioni e attrezzarsi per agire di conseguenza.

  1. Qualora non fosse ancora chiaro, i grandi giochi politico-finanziari del calcio globale vengono decisi oggi da attori esterni al calcio, interessati a sfruttarlo come nulla più che un altro campo speculativo.
  2. A dispetto di ciò che sostengono i fiancheggiatori (come i teotini vari) del ruolo che i fondi d’investimento hanno nel calcio, non è affatto vero che essi agiscano solo come attori finanziari senza condizionare le politiche dei club. Il caso di Rojo ha fatto emergere in tutta la sua evidenza la mira dei fondi d’investimento a essere proprietari indiretti dei club e a determinarne le strategie di calciomercato. In questo caso il conflitto è esploso, ma in molti altri è rimasto sottotraccia perché i club hanno dovuto accettare i diktat dell’attore finanziario pur di non vedersi staccare l’ossigeno.
  3. Quanto ai calciatori, ormai sono asset degli attori finanziari. Scordatevi che siano legati ai club. Essi appartengono a agenzie di collocamento e sfruttamento commerciale-finanziario, rispetto alle quali i club sono soltanto destinazioni temporanee.

Un’ultima cosa: non crediate che vi stia parlando di una realtà estranea al calcio italiano. Perché il calcio italiano c’è pienamente dentro, e nei prossimi giorni se ne parlerà. Lo specifico perché è giusto che come tifosi e appassionati, siate esigenti quando si tratta d’informarvi. Soprattutto, cancellate dal vostro orizzonte i cosiddetti esperti italiani di calciomercato. Ciò che vi raccontano è distrazione di massa, e una vicenda come quella di Rojo che vi ho appena illustrato non ve la spiegherebbero mai. Anche perché non la capiscono nemmeno. Il calcio possono salvarlo solo i tifosi e gli appassionati. Cioè voi. Prendetevi le vostre responsabilità. Altrimenti, se vi piace così, continuate pure a nutrirvi di “bombe di mercato” e d’interviste genuflesse al misconosciuto agente di calciatori. Vorrà dire che questo vi sarete meritati.   Aggiornamento delle 17 Proprio mentre scrivevo questo post, la Associaçao de Adeptos Sportinguistas (AAS) ha emesso un comunicato in cui prende posizione nel conflitto fra club e Doyen. Un documento da leggere, per capire quale ruolo possano e debbano avere le rappresentanze dei tifosi.

9 risposte a “Il conflitto fra Sporting Lisbona e Doyen: una battaglia decisiva per l’indipendenza dei club dall’economia parallela del calcio globale”

  1. […] blog proprio oggi 14 agosto 2014 parla della vicenda dello Sporting Lisbona, https://cercandoblivia.wordpress.com/2014/08/14/il-conflitto-fra-sporting-lisbona-e-doyen-una-battagl…, in relazione al quale è sorto il comunicato degli amici dell’Associação de Adeptos […]

  2. L’inclusione di Nani, guarda a caso anche lui controllato dal “santone” conferma tutto quello che hai scritto…complimenti!

    1. Tutto come previsto, caro amico mio. E non finisce qui. Soprattutto, il presidente dello Sporting, Bruno De Carvalho, non è certo una verginella. Anche lui fa affari coi fondi d’investimento per comprare giocatori. È stato così per prendere il giapponese Tanaka, arrivato nelle scorse settimane, e sta cercando di fare altrettanto per prendere il Camerun esse Aboubakar dal Lorient. Un caro saluto.

  3. […] Madrid per i suoi acquisti si è dovuto impelagare coi fondi di investimento, e non è mai bello sporcarsi le mani con loro, perché si creano più problemi di quanti si risolvano. L’altro esempio è il Borussia […]

  4. […] vicenda ho dedicato un post di questo blog, e da essa è nato un contenzioso fa il club e Doyen con quest’ultimo che ha […]

  5. […] stata appannaggio del fondo di investimento. Una vicenda che scotta e che è finita in tribunale come spiegato da Pippo Russo, una delle pochissime voci che hanno sollevato analisi ed approfondimenti su questo affare […]

  6. […] dopo un mondiale concluso da vicecampione del mondo ha preso a tirare la corda per essere ceduto. Potete leggere qui una ricostruzione dettagliata dei motivi che hanno portato all’esplosione del … Riepilogandola per sommi capi, è successo che il club biancoverde abbia rintracciato dietro i […]

  7. […] de Lisboa, que em junho irá decidir o CAS em Lausanne. Mas eu sei que a história muito bem (leia aqui ), certamente melhor do que Doyen gostaria de torná-lo conhecido para o público. 11) Finalmente, […]

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